La fine della Sanità Pubblica
La tristezza mi assale quando ricordo l’entusiasmo con cui mi presentavo a fare la notte come rianimatore al Policlinico Gemelli 35 anni fa e quando vedo mia figlia che dopo 6 anni di laurea e 5 di specializzazione abbandona il SSN alla veneranda età di 36 anni !
La fuga in massa dagli Ospedali pubblici di medici specialisti è un fenomeno catastrofico sintomo di un deterioramento della Sanità di portata epocale e con prognosi infausta. Poiché la cosa riguarda sia giovani medici che colleghi prossimi alla pensione, non è possibile giustificarla con letture generazionali. Piuttosto occorre guardare alla motivazione intrinseca alla professione medica che ha subito durissimi colpi negli ultimi 30 anni.
Per esempio mi viene in mente la così detta riforma Bindi del 1999 che introdusse il principio di esclusività di rapporto con il SSN e che di fatto causò l’allontanamento di molti talenti.
Ma il vero peccato originale consiste nel cambiamento della mission degli Ospedali il cui macro obiettivo è passato dalla cura delle malattie al raggiungimento del profitto. Ai tempi del Pio Istituto di Santo Spirito a Roma i primari avevano nelle loro mani anche le decisioni amministrative e il loro focus, da medici, non si allontanava mai dalla cura dei pazienti. Oggi i Direttori General prendono decisioni basate principalmente su problematiche di budget.
Le mie notti in Rianimazione di 20 anni fa valevano la rocambolesca cifra di 110 € netti (meno di 10 € /ora !!) per 12 ore di turno insonne e massacrante in cui si rischiava di ammazzare qualcuno alle 5 del mattino quando l’ultimo dei dieci caffè del turno non riusciva più a far tenere gli occhi aperti. La professione medica non è una missione senza scopo di lucro bensì un lavoro di grande responsabilità e impegno con cui guadagnarsi da vivere.
Capisco perfettamente i colleghi che abbandonano gli ospedali alla ricerca di una qualità di vita migliore. Sono sicuramente stanchi che i loro primari, il cui principale obiettivo è il rinnovo del mandato alla scadenza del quinquennio, obbediscono agli ordini del Direttore Generale che li obbliga di fatto a schiavizzare i sottoposti pur di mantenere il servizio con risorse inadeguate. I Direttori Generali sono a loro volta sotto il giogo dei politici regionali che hanno la facoltà di rimuoverli o mantenerli nel ruolo.
Per non parlare della medicina difensiva che ormai infesta tutte le attività sanitarie. Essendo un paese in cui i medici vengono giudicati dalla giustizia ordinaria e non dagli ordini professionali, la sopravvivenza al turno senza incappare in una denuncia è il principale obiettivo dei medici. Già, perché è sufficiente un perito d’ufficio che conosca poco la materia per cui è stato chiamato a peritare per provocare un avviso di garanzia che provocherà danni economici e psicologici di portata non quantificabile.
Ovviamente l’emergenza e l’area critica sono i settori che più soffrono con buona pace dei poveri cittadini che, non riuscendo a contattare il loro medico di base che la Domenica non lavora, si rivolgono ai Pronto Soccorso degli Ospedali. Qui ormai lavorano prevalentemente giovanissimi medici, magari neo laureati e senza alcuna esperienza, a cui viene affidato il delicatissimo compito di gestire situazioni critiche ad altissimo rischio.
Non credo si possa fare nulla. Ai politici interessa poco, la Sanità è la spesa pubblica più importante e porta pochi voti. Già ora e sempre di più in futuro chi avrà risorse si pagherà le cure e chi non le ha subirà le lista d’attesa per gli interventi d’elezione e le attese estenuanti nei Pronto Soccorso del territorio.
Foto di Olga Kononenko su Unsplash